Redazione della cosiddetta “minuta” dello studio di Barocci
Issue Date
October 1, 1612
Chronology
XVII sec.
Content
1612, post 1 ottobre (b
Commento
Dopo la morte di Barocci, viene stilata una descrizione del contenuto del suo studio rinvenuta nell'archivio Benamati di Gubbio da Calzini 1913b, pp. 75-82, che la riteneva genericamente della prima metà del Seicento; il documento appare in realtà molto prossimo alla scomparsa dell’artista, e l'estensore mostra una estrema familiarità con le sue pratiche di lavoro.
L’inventario registra dipinti incompiuti, disegni, cartoni e altri materiali seguendo un criterio tipologico (Ekserdjian 2018, p. 155).
Sono innanzitutto annotati sei «quadri a olio», non tutti autografi del maestro.
Il primo, qualificato come incompiuto, raffigurante l’Assunzione, è identificato con la pala oggi alla Galleria Nazionale delle Marche (Ekserdjian 2018, pp. 163-164).
Il secondo, definito «sbozzato», è il Congedo di Cristo dalla madre oggi al Musée Condé di Chantilly (Ekserdjian 2018, p. 164).
Il terzo, solo «abozzato», indicato come una pala d’altare raffigurante l’Annunciazione secondo il modello della stampa di Barocci collegata al quadro per la basilica di Loreto, ma con la Madonna diversamente abbigliata, non è sin qui identificato (Ekserdjian 2018, p. 164).
Il quarto, solo «abozzato» e di piccole dimensioni, raffigurante la Natività, non è identificato con certezza con alcuna opera nota di Barocci; per Olsen 1962, p. 221 poteva essere un riferimento alla Madonna Albani (oggi collezione della Banca Nazionale del Lavoro); mentre Ekserdjian 2018, p. 64 ha proposto che potesse trattarsi di una versione ridotta della composizione attestata dai quadri del Museo del Prado e della Pinacoteca Ambrosiana.
Il quinto dipinto, solo «mezzo fatto», è elencato come una «copia», di piccole dimensioni, apparentemente dall’invenzione di Barocci per il Trasporto di Cristo al sepolcro di Senigallia che, come osserva l’estensore dell’inventario, era stata tradotta in incisione; è difficile tuttavia determinare quale delle stampe (per esempio Philippe Thomassin, circa 1590; Aegiudius Sadeler, circa 1595; Raffaello Guidi, 1598) avesse in mente l’estensore e se si trattasse di una composizione corrispondente o meno alla redazione finale della pala (cfr Ekserdjian 2018, pp. 164-165).
Del sesto dipinto registrato viene specificato che era una copia a olio su carta da un modello di Paolo Veronese con «un Marte e una Venere che si fanno carezze», con «figure del naturale»; non necessariamente, ma con ogni probabilità si trattava di un dipinto eseguito da Barocci stesso, aduso sia alla tecnica della pittura a olio su carta sia, anche in tarda età, alla realizzazione di copie. Ekserdjian 2018, p. 165 ne suggerisce da derivazione dal quadretto di Veronese con tale soggetto della Galleria Sabauda (le cui figure di misure ridotte possono tuttavia difficilmente considerarsi di grandezza naturale) e rileva come la presenza nella bottega del maestro urbinate di un’opera di argomento mitologico-erotico sia inattesa.
Non è da escludere che la scelta del prototipo, quale che fosse il modello di Veronese, sia da ricondurre ai contatti diretti di Barocci con l’ambiente artistico veneziano.
L’inventario rubrica poi un nucleo di 14 teste a olio e di 28 studi di altri vari soggetti naturalistici a olio su carta.
Segue un gruppo di 10 «cartoni» di dimensioni grandi e medie; sotto questo termine l’estensore sembra raggruppare tipologie diverse di studi compositivi preliminari e non o non soltanto veri e propri cartoni o cartoni ausiliari.
Il primo, per il Martirio di san Vitale di Ravenna (Pinacoteca di Brera), è qualificato come su carta bianca, «di chiaro oscuro», con lumeggiature a biacca.
Il secondo, per il Trasporto di Cristo al sepolcro di Senigallia, che l’estensore associa a una delle stampe che ne furono tratte (vedi sopra), è pure detto su carta bianca, «di chiaro oscuro», e con le teste a pastello.
Il terzo, per una delle versioni del Noli me tangere (quella per monsignor Giuliano della Rovere oggi a Monaco o quella, distrutta, per la committenza Buonvisi a Lucca nota dalla stampa di Luca Ciamberlano del 1609, vedi), è detto «tutto di pastelli».
Del quarto, per la Presentazione della Vergine al Tempio in Santa Maria in Vallicella, l’estensore precisa che era delle stesse dimensioni della pala, «di chiaro oscuro», su carta preparata con acquerellatura, e «non molto finito»; doveva quindi trattarsi di uno studio antecedente il vero e proprio cartone (Ekserdjian 2018, p. 166).
Il quinto, per l’Ultima Cena nella cappella del Sacramento del duomo di Urbino, è definito delle stesse proporzioni del dipinto e a questo molto approssimato, salvo che per l’assenza della «prospettiva» (ovvero l’ambientazione architettonica) e dei quattro angeli in volo; sulla base di tali caratteristiche, questo pezzo è stato riconosciuto nel grande foglio degli Uffizi inv. 91458 (Ekserdjian 2018, p. 167).
Per il sesto, relativo all’Annunciazione di Loreto (Pinacoteca Vaticana) di cui l’estensore conosce la stampa, si precisa che includeva soltanto le due figure ed era «di chiaro oscuro» su carta azzurra.
Il settimo, eseguito con la stessa tecnica e supporto del precedente ma «non molto finito», perteneva una diversa invenzione dell’Annunciazione, riconosciuta in quella per la confraternita di Santa Maria dei Laici a Gubbio finita da Ventura Mazza; sul verso di questo stesso «cartone» l’estensore segnalava la presenza dello studio per un Cristo di un Ecce homo, dipinto identificato con quello ideato da Barocci ma eseguito dal medesimo Ventura Mazza oggi alla Galleria Nazionale delle Marche (Ekserdjian 2018, pp. 167-168).
L’ottavo pezzo registrato è un mezzo cartone per la Circoncisione già a Pesaro e oggi al Louvre, «di chiaro oscuro» su carta azzurra, identificato con il grande studio per la sezione inferiore del dipinto conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 91459 (Ekserdjian 2018, p. 168).
Il nono pezzo era pure un mezzo cartone per la sezione superiore della Madonna del Rosario di Senigallia, su carta bianca, con lumeggiature a biacca.
Il decimo e ultimo pezzo rubricato in questa sezione era relativo alla Fuga di Enea da Troia , di cui l’estensore doveva probabilmente conoscere non la prima versione mandata a Praga già nel 1589 ma quella compiuta nel 1598 per monsignor Giuliano della Rovere oggi alla Galleria Borghese: questo cartone è detto «di chiaro oscuro» su carta azzurra, delle stesse proporzioni del quadro, ma con una composizione ancora non del tutto coincidente con la redazione finale; sulla base di tali caratteri è stato riconosciuto nel grande foglio del Louvre inv. 35774 (Ekserdjian 2018, p. 169).
L’inventario prosegue con la registrazione di altri materiali.
Un «cartoncello» per l’intera composizione dell’Ultima cena del duomo di Urbino, «di chiaro oscuro», a olio e a guazzo, che rammenta il modelletto degli Uffizi inv. 819 E, con abbondanti acquerellature, nel quale però non sembrano esserci parti a olio.
Seguono alcuni nuclei di fogli di mano di Barocci: 100 studi di teste a pastello molto finite; 80 studi di teste a pastello non del tutto finite; 90 studi di teste solo abbozzate. Quindi un gruppo di 800 disegni di figura dal naturale o da modelli plastici, di cui 100 a pastello, materiali che inducono l’estensore dell’inventario a rievocare le tecniche e il processo disegnativi del pittore urbinate (per la possibilità che questo o analogo documento sia passato tra le mani di Bellori vedi 1672).
Segue la menzione di 15 album di diversa consistenza, quasi tutti composti da disegni di Barocci stesso, ma uno dei quali contenente un’ottantina di disegni definiti di mano di Raffaello, molto vari per tecniche e soggetti. A questo punto la descrizione sembra procedere con un sommario resoconto del contenuto degli album: un centinaio di disegni autografi di Barocci, di cui dieci finitissimi e pronti per una eventuale traduzione a stampa, e molti studi da Raffaello e da altri maestri realizzati da Federico in giovinezza; un centinaio di disegni di mano di altri artisti; e poi, ancora tutti autografi di Barocci, una ventina di studi di paese a guazzo e ad acquerello; un centinaio di altri studi di paese condotti dal vero in varie tecniche, un’altra cinquantina di schizzi di paese.
Infine, l’inventario registra la lastra di rame intagliata da Barocci per l’acquaforte dell’Annunciazione, e una «stampa di legno di chiaro oscuro» con il Riposo nella fuga in Egitto che Ekserdjian 2018 p. 156 identifica con la stampa di Cornelis Cort del 1575 ma che va invece riconosciuta nella xilografia di anonimo dall’invenzione di Barocci, in controparte, individuata da Louise S. Richards, in Pillsbury, Richard 1978, p. 109, n. 80. [Barbara Agosti, Camilla Colzani]
Trascrizione
«Minuta dello studio del signor Baroccio
Quadri a olio numero sei, il magiore sarà di altezza di piedi otto, largo in proporzione, fatto per un altare, dentro l'assunzione della Madonna, con tutti li Apostoli attorno il sepolcro, la Madonna in aria salendo al Cielo, portata dagl'Angeli, parte nudi, e parte vestiti, quasi mezzo fatti.
Un altro quadro pur per altare, di altezza piedi sette, largo a proporzione, dentro quando Nostro Signore toglie licenza dalla Madre per andar al Calvario. Sta Cristo in mezzo in atto di benedire la Madre, la quale svenuta dal dolore vien sostenuta da san Giovanni, dall'altra banda poi vi è santa Maria Maddalena, che sta in atto di baciare i piedi a Nostro Signore prostrata in terra, presso la quale vi è un santo Francesco in ginocchioni sta orando. Questo è sbozzato.
Un altro quadro pur per altare, alto sette piedi, largo a proporzione dentro l'Annunziata, come la stampa, vestita in altra maniera, è abozzato.
Una natività di Nostro Signore, quadretto da camera, alto tre piedi, e mezzo abozzato.
Un quadretto di quattro piedi, copia. Vi sono anco alcune cose del signor Barocci assai bone, dentro un Cristo portato al sepolcro, che va in stampa, mezzo fatto.
Un quadro fatto in carta a olio, figure del naturale, il soggetto è un Marte e una Venere che si fanno carezze, copiate da Paolo Veronese, assai ben fatto.
Vi sono da quatordeci teste colorite a olio di mano del signor Baroccio, di vecchi, di donne, di giovani, e da vintiotto altri pezzi di carte colorite a olio di cose diverse, come pezzi di paesi, alberi, animali, frutti, acque, et altre bagatelle.
Cartoni dieci fra grandi e mezzani, e prima un cartone di San Vitale, dentro il martirio di esso santo, qual fu buttato in un pozzo e ricoperto con sassi, figure maggiori del naturale, vi sono nudi e vestiti, e bon numero di figure; fatto in carta bianca di chiaro oscuro alumato con biacca.
Un altro cartone di chiaro oscuro in carta bianca con dentro un Cristo portato al sepolcro, con la Madre, et altre figure come quello che è in stampa, ma le teste son tutte di pastelli.
Un cartone tutto di pastelli, dentro la Maddalena che piange non trovando Cristo al sepolcro, lo vede poi in forma d'ortolano, né lo riconosce, figure del naturale.
Cartone della presentazione della Madonna che è in Roma nella Chiesa Nuova, grande quanto l'opera di chiaro oscuro, in carta tinta d'acquerella, non molto finito.
Cartone della Cena con gl'apostoli, grande quanta l'opera, che è in Urbino nel Arcivescovato nella cappella del Santissimo Sagramento, ma vi manca la prospettiva, et i quattro angeli, il resto è tutto.
Cartone della Nunziata di Loreto, che va in stampa, non vi è altro, che le doi figure grandi quanto l'opera, è di chiaro oscuro in carta azurra.
Cartone d'Anunziata di differente invenzione di chiaro oscuro in carta azurra, figure del naturale, non molto finito, dietro vi è un Cristo ignudo, Ecce homo.
la metà d'un cartone dentrovi la Circoncisione di Nostro signore, figure del naturale in carta azurra di chiaro oscuro un poco consumato.
Un altro mezzo cartone di carta bianca alumato di biacca, dentrovi una Madonna col putto alzata sopra le nuvole, portata dagl'angeli parte nudi, e parte vestiti, fatta per un Rosario, figure del naturale.
Cartone del incendio, alquanto differente dall'opra, fatto di chiaro oscuro in carta azurra, grande quanto l'opra.
Un cartoncello di chiaro oscuro fatto parte a olio e parte a guazzo, dentrovi la Cena degl'Apostoli intera come l'opra.
Teste di pastelli finite numero cento, tra quali ve n'è d'ogni età d'ogni sesso. Altre teste di pastelli non ben finite numero ottanta in circa. Teste abozzate grosso modo, ove son capelli finiti e non altro, orecchie, gole, barbe, fronti, lassate così che altro non li serviva, numero novanta. Modo di dissegnare che usava il signor Barocci per condurre l'opre sue a ottimo fine, usava il chiaro oscuro in carte tinte, ombrava con il lapis, alumava con gesso e biacca, ed alle volte usava anco carbone, e biacca, e di questi disegni fatti per mettere in opra ve ne saranno da ottocento in circa, tra quali ve ne saranno da cento di pastelli. Questi disegni son tutti del naturale da modelli, da gessi boni e son figure nude, vestite, gambe, bracci, piedi e mani, panni bellissimi del naturale.
Appresso vi sono da quindici libri grandi, mezzani, piccoli, parte pieni, altri mezzi, altri poche carte, dissegnati quasi tutti di mano del signor Barocci. Fra questi ve ne è uno di mano di Rafaello, e vi sono da otanta carte dissegnate di acquarella, di chiaro oscuro, di penna, nudi, vestiti, putti, donne, animali, ed altro assai, che sarebbe lungo a raccontarlo, il tutto di mano di Rafaello.
Dissegni a mano del signor Barocci saranno da cento, fra questi ve ne sono da dieci finiti che si possono mandar in stampa, altri del opre fatte, e molti ritratti da Rafaello, et altri valentuomini fatti quando era giovane. Vi saranno da cento altri pezzi di dissegni di diversi valentuomini, tutti ben fatti in diverse maniere.
Paesi coloriti a guazzo di colori, acquarelle ritratti dal naturale da vinti in circa; altri paesi dissegnati di chiaro oscuro, di acquarella, di lapis, tutti visti dal vero, circa cento. Altri pezzi di paesi schizzati visti dal naturale, tutti di mano del signor Barocci circa a cinquanta.
Vi è il rame dell'Anunziata, taglio di acquaforte di mano del signor Barocci. Un'altra stampa di legno di chiaro oscuro della Madonna di Egitto».
Commento
Dopo la morte di Barocci, viene stilata una descrizione del contenuto del suo studio rinvenuta nell'archivio Benamati di Gubbio da Calzini 1913b, pp. 75-82, che la riteneva genericamente della prima metà del Seicento; il documento appare in realtà molto prossimo alla scomparsa dell’artista, e l'estensore mostra una estrema familiarità con le sue pratiche di lavoro.
L’inventario registra dipinti incompiuti, disegni, cartoni e altri materiali seguendo un criterio tipologico (Ekserdjian 2018, p. 155).
Sono innanzitutto annotati sei «quadri a olio», non tutti autografi del maestro.
Il primo, qualificato come incompiuto, raffigurante l’Assunzione, è identificato con la pala oggi alla Galleria Nazionale delle Marche (Ekserdjian 2018, pp. 163-164).
Il secondo, definito «sbozzato», è il Congedo di Cristo dalla madre oggi al Musée Condé di Chantilly (Ekserdjian 2018, p. 164).
Il terzo, solo «abozzato», indicato come una pala d’altare raffigurante l’Annunciazione secondo il modello della stampa di Barocci collegata al quadro per la basilica di Loreto, ma con la Madonna diversamente abbigliata, non è sin qui identificato (Ekserdjian 2018, p. 164).
Il quarto, solo «abozzato» e di piccole dimensioni, raffigurante la Natività, non è identificato con certezza con alcuna opera nota di Barocci; per Olsen 1962, p. 221 poteva essere un riferimento alla Madonna Albani (oggi collezione della Banca Nazionale del Lavoro); mentre Ekserdjian 2018, p. 64 ha proposto che potesse trattarsi di una versione ridotta della composizione attestata dai quadri del Museo del Prado e della Pinacoteca Ambrosiana.
Il quinto dipinto, solo «mezzo fatto», è elencato come una «copia», di piccole dimensioni, apparentemente dall’invenzione di Barocci per il Trasporto di Cristo al sepolcro di Senigallia che, come osserva l’estensore dell’inventario, era stata tradotta in incisione; è difficile tuttavia determinare quale delle stampe (per esempio Philippe Thomassin, circa 1590; Aegiudius Sadeler, circa 1595; Raffaello Guidi, 1598) avesse in mente l’estensore e se si trattasse di una composizione corrispondente o meno alla redazione finale della pala (cfr Ekserdjian 2018, pp. 164-165).
Del sesto dipinto registrato viene specificato che era una copia a olio su carta da un modello di Paolo Veronese con «un Marte e una Venere che si fanno carezze», con «figure del naturale»; non necessariamente, ma con ogni probabilità si trattava di un dipinto eseguito da Barocci stesso, aduso sia alla tecnica della pittura a olio su carta sia, anche in tarda età, alla realizzazione di copie. Ekserdjian 2018, p. 165 ne suggerisce da derivazione dal quadretto di Veronese con tale soggetto della Galleria Sabauda (le cui figure di misure ridotte possono tuttavia difficilmente considerarsi di grandezza naturale) e rileva come la presenza nella bottega del maestro urbinate di un’opera di argomento mitologico-erotico sia inattesa.
Non è da escludere che la scelta del prototipo, quale che fosse il modello di Veronese, sia da ricondurre ai contatti diretti di Barocci con l’ambiente artistico veneziano.
L’inventario rubrica poi un nucleo di 14 teste a olio e di 28 studi di altri vari soggetti naturalistici a olio su carta.
Segue un gruppo di 10 «cartoni» di dimensioni grandi e medie; sotto questo termine l’estensore sembra raggruppare tipologie diverse di studi compositivi preliminari e non o non soltanto veri e propri cartoni o cartoni ausiliari.
Il primo, per il Martirio di san Vitale di Ravenna (Pinacoteca di Brera), è qualificato come su carta bianca, «di chiaro oscuro», con lumeggiature a biacca.
Il secondo, per il Trasporto di Cristo al sepolcro di Senigallia, che l’estensore associa a una delle stampe che ne furono tratte (vedi sopra), è pure detto su carta bianca, «di chiaro oscuro», e con le teste a pastello.
Il terzo, per una delle versioni del Noli me tangere (quella per monsignor Giuliano della Rovere oggi a Monaco o quella, distrutta, per la committenza Buonvisi a Lucca nota dalla stampa di Luca Ciamberlano del 1609, vedi), è detto «tutto di pastelli».
Del quarto, per la Presentazione della Vergine al Tempio in Santa Maria in Vallicella, l’estensore precisa che era delle stesse dimensioni della pala, «di chiaro oscuro», su carta preparata con acquerellatura, e «non molto finito»; doveva quindi trattarsi di uno studio antecedente il vero e proprio cartone (Ekserdjian 2018, p. 166).
Il quinto, per l’Ultima Cena nella cappella del Sacramento del duomo di Urbino, è definito delle stesse proporzioni del dipinto e a questo molto approssimato, salvo che per l’assenza della «prospettiva» (ovvero l’ambientazione architettonica) e dei quattro angeli in volo; sulla base di tali caratteristiche, questo pezzo è stato riconosciuto nel grande foglio degli Uffizi inv. 91458 (Ekserdjian 2018, p. 167).
Per il sesto, relativo all’Annunciazione di Loreto (Pinacoteca Vaticana) di cui l’estensore conosce la stampa, si precisa che includeva soltanto le due figure ed era «di chiaro oscuro» su carta azzurra.
Il settimo, eseguito con la stessa tecnica e supporto del precedente ma «non molto finito», perteneva una diversa invenzione dell’Annunciazione, riconosciuta in quella per la confraternita di Santa Maria dei Laici a Gubbio finita da Ventura Mazza; sul verso di questo stesso «cartone» l’estensore segnalava la presenza dello studio per un Cristo di un Ecce homo, dipinto identificato con quello ideato da Barocci ma eseguito dal medesimo Ventura Mazza oggi alla Galleria Nazionale delle Marche (Ekserdjian 2018, pp. 167-168).
L’ottavo pezzo registrato è un mezzo cartone per la Circoncisione già a Pesaro e oggi al Louvre, «di chiaro oscuro» su carta azzurra, identificato con il grande studio per la sezione inferiore del dipinto conservato al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 91459 (Ekserdjian 2018, p. 168).
Il nono pezzo era pure un mezzo cartone per la sezione superiore della Madonna del Rosario di Senigallia, su carta bianca, con lumeggiature a biacca.
Il decimo e ultimo pezzo rubricato in questa sezione era relativo alla Fuga di Enea da Troia , di cui l’estensore doveva probabilmente conoscere non la prima versione mandata a Praga già nel 1589 ma quella compiuta nel 1598 per monsignor Giuliano della Rovere oggi alla Galleria Borghese: questo cartone è detto «di chiaro oscuro» su carta azzurra, delle stesse proporzioni del quadro, ma con una composizione ancora non del tutto coincidente con la redazione finale; sulla base di tali caratteri è stato riconosciuto nel grande foglio del Louvre inv. 35774 (Ekserdjian 2018, p. 169).
L’inventario prosegue con la registrazione di altri materiali.
Un «cartoncello» per l’intera composizione dell’Ultima cena del duomo di Urbino, «di chiaro oscuro», a olio e a guazzo, che rammenta il modelletto degli Uffizi inv. 819 E, con abbondanti acquerellature, nel quale però non sembrano esserci parti a olio.
Seguono alcuni nuclei di fogli di mano di Barocci: 100 studi di teste a pastello molto finite; 80 studi di teste a pastello non del tutto finite; 90 studi di teste solo abbozzate. Quindi un gruppo di 800 disegni di figura dal naturale o da modelli plastici, di cui 100 a pastello, materiali che inducono l’estensore dell’inventario a rievocare le tecniche e il processo disegnativi del pittore urbinate (per la possibilità che questo o analogo documento sia passato tra le mani di Bellori vedi 1672).
Segue la menzione di 15 album di diversa consistenza, quasi tutti composti da disegni di Barocci stesso, ma uno dei quali contenente un’ottantina di disegni definiti di mano di Raffaello, molto vari per tecniche e soggetti. A questo punto la descrizione sembra procedere con un sommario resoconto del contenuto degli album: un centinaio di disegni autografi di Barocci, di cui dieci finitissimi e pronti per una eventuale traduzione a stampa, e molti studi da Raffaello e da altri maestri realizzati da Federico in giovinezza; un centinaio di disegni di mano di altri artisti; e poi, ancora tutti autografi di Barocci, una ventina di studi di paese a guazzo e ad acquerello; un centinaio di altri studi di paese condotti dal vero in varie tecniche, un’altra cinquantina di schizzi di paese.
Infine, l’inventario registra la lastra di rame intagliata da Barocci per l’acquaforte dell’Annunciazione, e una «stampa di legno di chiaro oscuro» con il Riposo nella fuga in Egitto che Ekserdjian 2018 p. 156 identifica con la stampa di Cornelis Cort del 1575 ma che va invece riconosciuta nella xilografia di anonimo dall’invenzione di Barocci, in controparte, individuata da Louise S. Richards, in Pillsbury, Richard 1978, p. 109, n. 80. [Barbara Agosti, Camilla Colzani]
Trascrizione
«Minuta dello studio del signor Baroccio
Quadri a olio numero sei, il magiore sarà di altezza di piedi otto, largo in proporzione, fatto per un altare, dentro l'assunzione della Madonna, con tutti li Apostoli attorno il sepolcro, la Madonna in aria salendo al Cielo, portata dagl'Angeli, parte nudi, e parte vestiti, quasi mezzo fatti.
Un altro quadro pur per altare, di altezza piedi sette, largo a proporzione, dentro quando Nostro Signore toglie licenza dalla Madre per andar al Calvario. Sta Cristo in mezzo in atto di benedire la Madre, la quale svenuta dal dolore vien sostenuta da san Giovanni, dall'altra banda poi vi è santa Maria Maddalena, che sta in atto di baciare i piedi a Nostro Signore prostrata in terra, presso la quale vi è un santo Francesco in ginocchioni sta orando. Questo è sbozzato.
Un altro quadro pur per altare, alto sette piedi, largo a proporzione dentro l'Annunziata, come la stampa, vestita in altra maniera, è abozzato.
Una natività di Nostro Signore, quadretto da camera, alto tre piedi, e mezzo abozzato.
Un quadretto di quattro piedi, copia. Vi sono anco alcune cose del signor Barocci assai bone, dentro un Cristo portato al sepolcro, che va in stampa, mezzo fatto.
Un quadro fatto in carta a olio, figure del naturale, il soggetto è un Marte e una Venere che si fanno carezze, copiate da Paolo Veronese, assai ben fatto.
Vi sono da quatordeci teste colorite a olio di mano del signor Baroccio, di vecchi, di donne, di giovani, e da vintiotto altri pezzi di carte colorite a olio di cose diverse, come pezzi di paesi, alberi, animali, frutti, acque, et altre bagatelle.
Cartoni dieci fra grandi e mezzani, e prima un cartone di San Vitale, dentro il martirio di esso santo, qual fu buttato in un pozzo e ricoperto con sassi, figure maggiori del naturale, vi sono nudi e vestiti, e bon numero di figure; fatto in carta bianca di chiaro oscuro alumato con biacca.
Un altro cartone di chiaro oscuro in carta bianca con dentro un Cristo portato al sepolcro, con la Madre, et altre figure come quello che è in stampa, ma le teste son tutte di pastelli.
Un cartone tutto di pastelli, dentro la Maddalena che piange non trovando Cristo al sepolcro, lo vede poi in forma d'ortolano, né lo riconosce, figure del naturale.
Cartone della presentazione della Madonna che è in Roma nella Chiesa Nuova, grande quanto l'opera di chiaro oscuro, in carta tinta d'acquerella, non molto finito.
Cartone della Cena con gl'apostoli, grande quanta l'opera, che è in Urbino nel Arcivescovato nella cappella del Santissimo Sagramento, ma vi manca la prospettiva, et i quattro angeli, il resto è tutto.
Cartone della Nunziata di Loreto, che va in stampa, non vi è altro, che le doi figure grandi quanto l'opera, è di chiaro oscuro in carta azurra.
Cartone d'Anunziata di differente invenzione di chiaro oscuro in carta azurra, figure del naturale, non molto finito, dietro vi è un Cristo ignudo, Ecce homo.
la metà d'un cartone dentrovi la Circoncisione di Nostro signore, figure del naturale in carta azurra di chiaro oscuro un poco consumato.
Un altro mezzo cartone di carta bianca alumato di biacca, dentrovi una Madonna col putto alzata sopra le nuvole, portata dagl'angeli parte nudi, e parte vestiti, fatta per un Rosario, figure del naturale.
Cartone del incendio, alquanto differente dall'opra, fatto di chiaro oscuro in carta azurra, grande quanto l'opra.
Un cartoncello di chiaro oscuro fatto parte a olio e parte a guazzo, dentrovi la Cena degl'Apostoli intera come l'opra.
Teste di pastelli finite numero cento, tra quali ve n'è d'ogni età d'ogni sesso. Altre teste di pastelli non ben finite numero ottanta in circa. Teste abozzate grosso modo, ove son capelli finiti e non altro, orecchie, gole, barbe, fronti, lassate così che altro non li serviva, numero novanta. Modo di dissegnare che usava il signor Barocci per condurre l'opre sue a ottimo fine, usava il chiaro oscuro in carte tinte, ombrava con il lapis, alumava con gesso e biacca, ed alle volte usava anco carbone, e biacca, e di questi disegni fatti per mettere in opra ve ne saranno da ottocento in circa, tra quali ve ne saranno da cento di pastelli. Questi disegni son tutti del naturale da modelli, da gessi boni e son figure nude, vestite, gambe, bracci, piedi e mani, panni bellissimi del naturale.
Appresso vi sono da quindici libri grandi, mezzani, piccoli, parte pieni, altri mezzi, altri poche carte, dissegnati quasi tutti di mano del signor Barocci. Fra questi ve ne è uno di mano di Rafaello, e vi sono da otanta carte dissegnate di acquarella, di chiaro oscuro, di penna, nudi, vestiti, putti, donne, animali, ed altro assai, che sarebbe lungo a raccontarlo, il tutto di mano di Rafaello.
Dissegni a mano del signor Barocci saranno da cento, fra questi ve ne sono da dieci finiti che si possono mandar in stampa, altri del opre fatte, e molti ritratti da Rafaello, et altri valentuomini fatti quando era giovane. Vi saranno da cento altri pezzi di dissegni di diversi valentuomini, tutti ben fatti in diverse maniere.
Paesi coloriti a guazzo di colori, acquarelle ritratti dal naturale da vinti in circa; altri paesi dissegnati di chiaro oscuro, di acquarella, di lapis, tutti visti dal vero, circa cento. Altri pezzi di paesi schizzati visti dal naturale, tutti di mano del signor Barocci circa a cinquanta.
Vi è il rame dell'Anunziata, taglio di acquaforte di mano del signor Barocci. Un'altra stampa di legno di chiaro oscuro della Madonna di Egitto».
Archivist's notes
Bibl. E. Calzini, Lo "studio" del Barocci (Documenti) , in Studi e notizie su Federico Barocci, a cura della Brigata Urbinate degli Amici dei Monumenti, Firenze 1913, pp. 73-85; D. Ekserdjian, The tip of iceberg. Barocci’s postmortem inventory and the survival of Renaissance drawings, in Federico Barocci. Inspiration and Innovation in Early Modern Italy, a cura di J. W. Mann, London-NewYork 2018, pp. 154-178.
Physical type
Foglio
Preservation status
Buono
Language
Italiano
Project
Keywords
Raffaello Sanzio
Paolo Veronese
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