Univ. 158 : Libro del Catasto antico di Piobbico
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sec. XV
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Libro del Catasto antico di Piobbico.(1)
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Archivist's notes
Segnatura: Univ. 158
(1) Moranti tornò ad esaminare questo documento in un’epoca successiva alla prima indicizzazione da lui stesso stilata; conviene riportare qui di seguito la sua seconda descrizione, più dettagliata:
Mi sia concesso ora di soffermarmi più a lungo, sempre entro i limiti di tempo consentiti, in particolare su un documento che ritengo di estrema importanza e precisamente sul LIBRO DEL CATASTO ANTICO DI PIOBBICO (Ms. Univ. 158). È un documento che non mi risulta sia stato mai studiato e, a quanto dice il Torelli, si trovava nell’archivio Matterozzi Brancaleoni in Cagli, certamente è entrato nella Biblioteca di Urbino unitamente alle predette pergamene. È un membranaceo (mm. 355 x 250) di carte 67 con due numerazioni: una in cifre romane al centro della carta in alto, ed una in numeri arabici sul lato destro, che però non corrispondono fra loro con uno scarto di due numeri (ad. es. la carta 66 è visibilmente tagliata). La scrittura è molto chiara di diverso tipo, prevale però quella minuta cancelleresca a quella corsiva che è poi di diversa mano, specie nelle ultime allibrazioni. È usata la lingua latina, non mancano pero alcune registrazioni in volgare. Nella prima carta, a guisa di coperta, c’è il dispositivo della catastazione in 19 righe, però di difficile lettura a causa dell’usura del tempo, è molto interessante perché vi sono esposte esattamente le ragioni che ne hanno motivate la compilazione e le modalità con cui è stato fatto, ed altri elementi per una esatta interpretazione del metodo catastale eseguito. In esso si apprende che l’esecuzione del lavoro catastale è stata deliberata dal Consiglio Generale della Comunità di Piobbico il 30 novembre 1452 e, se non erro, fu compilato da un «appassatore» di Assisi usando come unità di misura la Coppia (Cupla), la Tavola ed il Piede. Non è da escludere la esistenza di un Catasto più antico per il territorio di Piobbico; lo fa pensare un appello inviato dal Procuratore dei Brancaleoni, Guidarello Clerici, nel 1287 al Rettore della Marca Monaldello di Monaldo di Gubbio, contro la Comunità di Cagli, la quale pretendeva che fossero iscritte nel suo Catasto tutte le terre dei Brancaleoni di Piobbico e della Rocca. In questo documento del 1287 il Clerici sosteneva che tutti i domini dei Brancaleoni erano liberi e da tempo immemorabile posseduti dai Brancaleoni con piena giurisdizione e perciò non soggetti ad alcuna tassazione da parte della Comunità di Cagli. La vertenza fu favorevole ai Brancaleoni, però non è escluso che con il passare degli anni anche Piobbico avesse un suo catasto prima del 1452. Il libro catastale è in buono stato di conservazione, eccetto alcune carte rovinate con qualche macchia e dall’usura specie nella parte bassa. Sino ad oggi è il piu antico documento organico conosciuto sulla proprietà terriera di Piobbico e località limitrofe ed è una fonte autorevolissima non solo per uno studio sulla catastazione locale della seconda metà del XV secolo (alcune annotazioni o registrazioni arrivano fino al 1498), ma è anche una esauriente fonte per altri interessi di studio quali la dislocazione degli insediamenti abitativi, dei vari tipi di coltura, della distribuzione della proprietà fondiaria sia di privati che di Enti, ed infine per uno studio toponomastico - linguistico per riscontrare se ancora esistono certi toponimi che spesse volte sono legati alla natura del terreno come un monte, una pianura, un fiume ecc. Con questo strumento catastale si rende possibile anche un censimento del tipo di colture praticate in quel tempo a Piobbico, perché sempre, nelle registrazioni è specificato se si tratta di terreno lavorativo, sodivo, prativo, vineato, ortivo ecc. È un catasto dei terreni di tipo rustico descrittivo nelle cui allibrazioni sono indicati con estrema esattezza il nome del proprietario con il patronimico, il tipo di coltivazione, l’appartenenza. al castello di Piobbico, la parrocchia, il nome dell’appezzamento del terreno, le denominazioni dei confini e le misure. Tali dati consentono quindi la ricostruzione del paesaggio agrario di tutta la zona di Piobbico. Un esempio di registrazione di proprietà privata:
(a c. 24v) Andrea quondam Jacobi Johaccoli Bonajuti de Piobico habet / terram laborativam in curte Piobici in Parochia Sancte Marie, in vucabulo Fosse iuxtum fossatum Lame a primo; Ambrosium Cicchi al secundo; Bernardus eius fratris Blaxium Antonij Jacholi al terzo; superiore et Blaxium et Marium Antonij inferiori al quarto; que est Cuple due, tabule vigintitre … Cuple 2 Tab. 23 Ped.
Un esempio di registrazione di proprietà ecclesiastica:
(c. 18v) Ecclesia Sancti Stephani de Fenochieto habet terram vineatam sitam in curte Castri Piobici in parochia Sancti Stephani in vocabulo Collis Ajalis iuxtam stratam al primo; lato inferiori Guidonem de Brancaleonibus al secundo; de Fenochieto al terzo; in partem Ecclesiam al quarto, que est Cuple due, tabule tregintaquinque … Cuple 2 tab. 35.
La misurazione, come ho detto, è indicata in Coppie (Cuple), Tavole e Piedi che, oltre ad essere specificata per esteso nell’allibrazione è quasi sempre riportata a lato, ma spesse volte questa non corrisponde, evidentemente le misure segnate a fianco, in colonna, indicano la quantità terriera tassabile, cioè da stimare, però manca l’estimo vero e proprio, il che fa pensare che questo fosse registrato in un altro libro il che sarebbe una fortuna ritrovarlo in qualche archivio per poter avere cosi l’esatta cognizione anche dal punto di vista fiscale. Del resto la mancanza dell’estimo in questo libro non rappresenta una eccezione, ad esempio il libro del Catasto di Matelica non lo porta perché è registrato in un volume a parte. Questa mia ipotesi può essere avvalorata dal fatto che in diverse annotazioni marginali, e qualche volta nella stessa registrazione, si legge: « … con estimo di Ruberto Bravi e con volontà di Bartozino ... », oppure: « ... con voluntà de la parte et posto qui a l’estimo di Bartozo et Nizo … ». Non è indicata la professione, né titoli specifici dei proprietari; solo una volta, a c. 37r, figura un: «Magister Simon Vangelisti»; non figurano ebrei, spesse volte appaiono nomi di donne come proprietarie. In sostanza questo documento fornisce un quadro esatto dell’economia agricola di Piobbico della seconda metà del sec. XV, e della distribuzione della proprietà terriera sia delle singole famiglie, sia di enti quali l’Ospedale di S. Antonio, di abbazie, chiese come quelle di S. Maria in Mavi, S. Stefano, S. Simone, S. Lorenzo. In quasi tutte le partite ci sono delle annotazioni marginali che aggiornano gli eventuali passaggi di proprietà avvenuti nel tempo, o per correggere le registrazioni stesse. Complessivamente compaiono 114 intestatari, sei Chiese, 1’Ospedale di S. Antonio; qualche volta però figurano assieme più fratelli, oppure «heredes» il che ci fa pensare che Piobbico, con un insediamento abitativo piuttosto limitato, doveva essere una comunità abbastanza ricca se tante famiglie possedevano diversi terreni anche se alcune volte l’estensione di questi era limitata. Comunque, da uno sguardo sommario, senza alcun impegno statistico in questa sede, parecchie famiglie risultano possedere molti appezzamenti di terreno come ad esempio:
(c 24v) Andrea. di Jacopo Johaccoli Bonajuti 27
(c. 30r) Johannes Rentij Marchetti 32
(c. 33r) Lucas Honesti de Fenochieto 22
(c. 39r) Matheus et Petrus Ciccarelli 19
(c. 41v) Marcus Bartoli Marchetti 29
(c. 48v) Nannus Cioni Ciccarelli 30
(c. 49v) Ninus Neri de Fenochieto 21
per le chiese invece:
S. Maria in Mavi 14
S. Stefano 19
S. Bartolomeo 6
S. Maria Eremi 9
S. Simeone 2
S. Lorenzo 2
Chiesa. Ospedale di S. Antonio 2
A quanto pare la Chiesa più ricca era S. Stefano seguita da S. Maria in Mavi. Non so se a dimostrazione di deferenza da parte dell’Appassatore verso la famiglia Brancaleoni o per altre ragioni tecniche o consuetudinarie, la loro proprieta terriera è descritta a parte e precisamente alla fine del libro nelle carte 64r -66r, dove appunto all’inizio, in caratteri più marcati, si legge: «Magnifici Brancaleones». La prima partita è cosi descritta:
«(c. 64r) Johannes de Nicolaj Federici et Nicolaus quondam Federici Nicolaj de Brancaleonibus de Piobico / habent terram vineatam sitam in curte / Castri Piobici in parochia Sante Marie Mavi, in vocabulo Plani Piobici / iuxtam stratam in primo; / res Feltrani Filippi al secundo, fonctium dicti Castri in terzo, et Ripa dicti Castri al quarto, quae est cuple una, tabule octo, pedibus xLIJ.»
Seguono poi segnate altre 35 partite per un complesso di 155 coppie, 235 tavole e 1361 piedi. V. Moranti, Luigi, Antichi documenti storici della famiglia Brancaleoni esistenti nella Biblioteca Universitaria di Urbino, in: I Brancaleoni e Piobbico. Atti del I Convegno di storia locale, Piobbico 2 - 3 settembre 1983, Palazzo Brancaleoni, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio Regionale delle Marche e della Deputazione di Storia Patria per le Marche, Piobbico, a cura della Amministrazione Comunale di Piobbico, 1985, p. 129 – 140. La citazione è tratta dalle pagine 135 - 138 (F. M.).
(1) Moranti tornò ad esaminare questo documento in un’epoca successiva alla prima indicizzazione da lui stesso stilata; conviene riportare qui di seguito la sua seconda descrizione, più dettagliata:
Mi sia concesso ora di soffermarmi più a lungo, sempre entro i limiti di tempo consentiti, in particolare su un documento che ritengo di estrema importanza e precisamente sul LIBRO DEL CATASTO ANTICO DI PIOBBICO (Ms. Univ. 158). È un documento che non mi risulta sia stato mai studiato e, a quanto dice il Torelli, si trovava nell’archivio Matterozzi Brancaleoni in Cagli, certamente è entrato nella Biblioteca di Urbino unitamente alle predette pergamene. È un membranaceo (mm. 355 x 250) di carte 67 con due numerazioni: una in cifre romane al centro della carta in alto, ed una in numeri arabici sul lato destro, che però non corrispondono fra loro con uno scarto di due numeri (ad. es. la carta 66 è visibilmente tagliata). La scrittura è molto chiara di diverso tipo, prevale però quella minuta cancelleresca a quella corsiva che è poi di diversa mano, specie nelle ultime allibrazioni. È usata la lingua latina, non mancano pero alcune registrazioni in volgare. Nella prima carta, a guisa di coperta, c’è il dispositivo della catastazione in 19 righe, però di difficile lettura a causa dell’usura del tempo, è molto interessante perché vi sono esposte esattamente le ragioni che ne hanno motivate la compilazione e le modalità con cui è stato fatto, ed altri elementi per una esatta interpretazione del metodo catastale eseguito. In esso si apprende che l’esecuzione del lavoro catastale è stata deliberata dal Consiglio Generale della Comunità di Piobbico il 30 novembre 1452 e, se non erro, fu compilato da un «appassatore» di Assisi usando come unità di misura la Coppia (Cupla), la Tavola ed il Piede. Non è da escludere la esistenza di un Catasto più antico per il territorio di Piobbico; lo fa pensare un appello inviato dal Procuratore dei Brancaleoni, Guidarello Clerici, nel 1287 al Rettore della Marca Monaldello di Monaldo di Gubbio, contro la Comunità di Cagli, la quale pretendeva che fossero iscritte nel suo Catasto tutte le terre dei Brancaleoni di Piobbico e della Rocca. In questo documento del 1287 il Clerici sosteneva che tutti i domini dei Brancaleoni erano liberi e da tempo immemorabile posseduti dai Brancaleoni con piena giurisdizione e perciò non soggetti ad alcuna tassazione da parte della Comunità di Cagli. La vertenza fu favorevole ai Brancaleoni, però non è escluso che con il passare degli anni anche Piobbico avesse un suo catasto prima del 1452. Il libro catastale è in buono stato di conservazione, eccetto alcune carte rovinate con qualche macchia e dall’usura specie nella parte bassa. Sino ad oggi è il piu antico documento organico conosciuto sulla proprietà terriera di Piobbico e località limitrofe ed è una fonte autorevolissima non solo per uno studio sulla catastazione locale della seconda metà del XV secolo (alcune annotazioni o registrazioni arrivano fino al 1498), ma è anche una esauriente fonte per altri interessi di studio quali la dislocazione degli insediamenti abitativi, dei vari tipi di coltura, della distribuzione della proprietà fondiaria sia di privati che di Enti, ed infine per uno studio toponomastico - linguistico per riscontrare se ancora esistono certi toponimi che spesse volte sono legati alla natura del terreno come un monte, una pianura, un fiume ecc. Con questo strumento catastale si rende possibile anche un censimento del tipo di colture praticate in quel tempo a Piobbico, perché sempre, nelle registrazioni è specificato se si tratta di terreno lavorativo, sodivo, prativo, vineato, ortivo ecc. È un catasto dei terreni di tipo rustico descrittivo nelle cui allibrazioni sono indicati con estrema esattezza il nome del proprietario con il patronimico, il tipo di coltivazione, l’appartenenza. al castello di Piobbico, la parrocchia, il nome dell’appezzamento del terreno, le denominazioni dei confini e le misure. Tali dati consentono quindi la ricostruzione del paesaggio agrario di tutta la zona di Piobbico. Un esempio di registrazione di proprietà privata:
(a c. 24v) Andrea quondam Jacobi Johaccoli Bonajuti de Piobico habet / terram laborativam in curte Piobici in Parochia Sancte Marie, in vucabulo Fosse iuxtum fossatum Lame a primo; Ambrosium Cicchi al secundo; Bernardus eius fratris Blaxium Antonij Jacholi al terzo; superiore et Blaxium et Marium Antonij inferiori al quarto; que est Cuple due, tabule vigintitre … Cuple 2 Tab. 23 Ped.
Un esempio di registrazione di proprietà ecclesiastica:
(c. 18v) Ecclesia Sancti Stephani de Fenochieto habet terram vineatam sitam in curte Castri Piobici in parochia Sancti Stephani in vocabulo Collis Ajalis iuxtam stratam al primo; lato inferiori Guidonem de Brancaleonibus al secundo; de Fenochieto al terzo; in partem Ecclesiam al quarto, que est Cuple due, tabule tregintaquinque … Cuple 2 tab. 35.
La misurazione, come ho detto, è indicata in Coppie (Cuple), Tavole e Piedi che, oltre ad essere specificata per esteso nell’allibrazione è quasi sempre riportata a lato, ma spesse volte questa non corrisponde, evidentemente le misure segnate a fianco, in colonna, indicano la quantità terriera tassabile, cioè da stimare, però manca l’estimo vero e proprio, il che fa pensare che questo fosse registrato in un altro libro il che sarebbe una fortuna ritrovarlo in qualche archivio per poter avere cosi l’esatta cognizione anche dal punto di vista fiscale. Del resto la mancanza dell’estimo in questo libro non rappresenta una eccezione, ad esempio il libro del Catasto di Matelica non lo porta perché è registrato in un volume a parte. Questa mia ipotesi può essere avvalorata dal fatto che in diverse annotazioni marginali, e qualche volta nella stessa registrazione, si legge: « … con estimo di Ruberto Bravi e con volontà di Bartozino ... », oppure: « ... con voluntà de la parte et posto qui a l’estimo di Bartozo et Nizo … ». Non è indicata la professione, né titoli specifici dei proprietari; solo una volta, a c. 37r, figura un: «Magister Simon Vangelisti»; non figurano ebrei, spesse volte appaiono nomi di donne come proprietarie. In sostanza questo documento fornisce un quadro esatto dell’economia agricola di Piobbico della seconda metà del sec. XV, e della distribuzione della proprietà terriera sia delle singole famiglie, sia di enti quali l’Ospedale di S. Antonio, di abbazie, chiese come quelle di S. Maria in Mavi, S. Stefano, S. Simone, S. Lorenzo. In quasi tutte le partite ci sono delle annotazioni marginali che aggiornano gli eventuali passaggi di proprietà avvenuti nel tempo, o per correggere le registrazioni stesse. Complessivamente compaiono 114 intestatari, sei Chiese, 1’Ospedale di S. Antonio; qualche volta però figurano assieme più fratelli, oppure «heredes» il che ci fa pensare che Piobbico, con un insediamento abitativo piuttosto limitato, doveva essere una comunità abbastanza ricca se tante famiglie possedevano diversi terreni anche se alcune volte l’estensione di questi era limitata. Comunque, da uno sguardo sommario, senza alcun impegno statistico in questa sede, parecchie famiglie risultano possedere molti appezzamenti di terreno come ad esempio:
(c 24v) Andrea. di Jacopo Johaccoli Bonajuti 27
(c. 30r) Johannes Rentij Marchetti 32
(c. 33r) Lucas Honesti de Fenochieto 22
(c. 39r) Matheus et Petrus Ciccarelli 19
(c. 41v) Marcus Bartoli Marchetti 29
(c. 48v) Nannus Cioni Ciccarelli 30
(c. 49v) Ninus Neri de Fenochieto 21
per le chiese invece:
S. Maria in Mavi 14
S. Stefano 19
S. Bartolomeo 6
S. Maria Eremi 9
S. Simeone 2
S. Lorenzo 2
Chiesa. Ospedale di S. Antonio 2
A quanto pare la Chiesa più ricca era S. Stefano seguita da S. Maria in Mavi. Non so se a dimostrazione di deferenza da parte dell’Appassatore verso la famiglia Brancaleoni o per altre ragioni tecniche o consuetudinarie, la loro proprieta terriera è descritta a parte e precisamente alla fine del libro nelle carte 64r -66r, dove appunto all’inizio, in caratteri più marcati, si legge: «Magnifici Brancaleones». La prima partita è cosi descritta:
«(c. 64r) Johannes de Nicolaj Federici et Nicolaus quondam Federici Nicolaj de Brancaleonibus de Piobico / habent terram vineatam sitam in curte / Castri Piobici in parochia Sante Marie Mavi, in vocabulo Plani Piobici / iuxtam stratam in primo; / res Feltrani Filippi al secundo, fonctium dicti Castri in terzo, et Ripa dicti Castri al quarto, quae est cuple una, tabule octo, pedibus xLIJ.»
Seguono poi segnate altre 35 partite per un complesso di 155 coppie, 235 tavole e 1361 piedi. V. Moranti, Luigi, Antichi documenti storici della famiglia Brancaleoni esistenti nella Biblioteca Universitaria di Urbino, in: I Brancaleoni e Piobbico. Atti del I Convegno di storia locale, Piobbico 2 - 3 settembre 1983, Palazzo Brancaleoni, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio Regionale delle Marche e della Deputazione di Storia Patria per le Marche, Piobbico, a cura della Amministrazione Comunale di Piobbico, 1985, p. 129 – 140. La citazione è tratta dalle pagine 135 - 138 (F. M.).
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Memb., sec. XV, mm. 355 x 250, 65 cc. numerate.
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Buono
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Italiano
Latino
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