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Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/20.500.12731/9045
Title: La visione di san Girolamo
Author: Diamantini, Giuseppe
Date: 1670 - 1675
Secular date: sec. XVII
Object ⁄ typology: Dipinto
Subject of the work: San Girolamo
Technical data: Olio su tela, cm 113 x 126
Location of the work: Biblioteca Universitaria San Girolamo
Location: Urbino (PU), PU
Description: 

La paternità del potente San Girolamo, già circostanziata nel catalogo delle raccolte artistiche dell'Università di Urbino (Ambrosini Massari 2014) e successivamente inserita in un più articolato panorama critico (Ambrosini Massari 2017) è parlante dal punto di vista stilistico. [...] L'iconografia conosce grande fortuna nel Seicento, favorendo una messa in scena molto teatrale, con la tromba del Giudizio finale, elemento ricorrente dell'episodio, talora suonata da un angelo ma anche interpretata come quella evocata dal profeta Amos contro l'attaccamento ai beni terreni (Del Bravo 1988). Qui, in aggiunta, un angelo irrompe dal cielo e porge al santo un teschio, invito alla meditazione. La visione rimanda alla esperienza mistica del grande padre della chiesa durante il suo ritiro nel deserto di Palestina, che Io spinge all'abbandono anche dell'ultimo punto di contatto con il mondo pagano, quegli antichi testi classici che tanto amava e cosi ne racconta (A Eustochio, XXX): "Improvvisamente venni afferrato in spirito e trascinato di fronte al seggio del Giudice. Mi fu chiesto di dichiarare la mia condizione e risposi che ero cristiano. Ma Colui che presiedeva disse: "Tu menti, tu sei ciceroniano, non cristiano»". Infatti "ove è il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore" (Matteo, 6, 21 ).
Il santo è rappresentato con particolare compiacimento, quasi di studio dal vero, e si noti il volto del leone in basso a sinistra che assiste, compreso, alla scena e nonostante qualche differenza di posa, lo scatto e la tensione dell'immagine evocano quella che Guido Cagnacci realizzerà ormai a Vienna, entro il 1662 circa, forse ispirata da una celebre incisione da Ribera (Heinz 1958, p. 72) ma che: "non fa che esaltare lo scarto di poetica che separa i due grandi artisti, in effetti agli antipodi l'uno dall'altro" (Brogi in Guido Cagnacci 2008, n. 85, p. 322). Lo stesso vale, in questo caso, per quanto riguarda Diamantini. Nel senso che, se Io scatto del santo farebbe immaginare una bottega veneziana di Cagnacci dove potessero esserci studi sul tema di cui magari profitta l'allievo, osservando i due dipinti si approfondisce la distanza fra la formula nitida, palpitante ma distillata del romagnolo e quella vibrante di cromatismo di Diamantini, ormai pienamente inserito nella tradizione veneziana innovata da Pietro Liberi.
La sensitiva e in questo permanente eredità cagnaccesca si diffonde nella resa del corpo, della sua plasticità ed esibita nudità, non diversa, peraltro, da quella di altre opere sacre del pittore, soprattutto nella rappresentazione di santi isolati o protagonisti. Un esempio di tale trattamento del soggetto e di analoghi modi di stile è anche, in questa mostra, la sensuale Estasi di Maddalena dei Musei Civici di Padova (PII).[...]

Anna Maria Ambrosini Massari

Tratto da: Giuseppe Diamantini, 1623-1705 : pittore e incisore dalle Marche a Venezia / a cura di Anna Maria Ambrosini Massari, Marina Cellini, Marco Luzi, Ancona : Il lavoro editoriale, 2021, pp. 124-125.
Preservation state: 
buono
URI Identifier: http://hdl.handle.net/20.500.12731/9045
License: 
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