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Si prega di utilizzare questo identifier per indicare o collegarsi a questo documento: http://hdl.handle.net/20.500.12731/1738
Numero di corda: 45
Data remota: 1969
Data recente: 2019
Titolo: Urbino - Villa Ca' Giardino, Pallino
Autore: Castellani, Silvestro 
Contenuto: 
1 cartella digitale contenente 152 file.
La cartella contiene fotografie digitali e scansioni di documentazione relativi alla Villa Ca' Giardino situata a Pallino di Urbino e, in particolare, agli affreschi della cappellina annessa.
01 - Fotografie 1969
02 - Affreschi prima dello stacco
03 - Disegno sul grafico
04 - Dopo il restauro
05 - Raffronti
06 - Ca Giardino 2016
07 - Articoli e documenti
Livello di descrizione: 1.1 Pesaro e Urbino (PU) 
Identificativo URI: http://hdl.handle.net/20.500.12731/1738
Note dell'archivista: 
Sivestro Castellani, "Sull'affresco di Ca' Giardino (Pallino di Urbino)"

Nel giugno del 1969 ero di stanza come restauratore esterno al Palazzo Ducale di Urbino. Si presentarono nel mio studio due signori: Giorgia Moscati, originaria della nostra città, e il marito, romano, Leonida Quercetto, entrambi residenti nella capitale. La donna aveva avuto in eredità una grande casa poderale (Ca’ Giardino): antica villa nei dintorni di Urbino. Attaccata all’angolo della villa si poteva notare una cappellina tondeggiante, dipinta all’interno con ornamenti di fine Settecento. Tuttavia, sotto quattro strati di pittura ornamentale, era possibile scorgere anche un’altra pittura: un dipinto monocromo. I signori Quercetto si mostrarono incuriositi della situazione e, prospettando l’eliminazione delle quattro imbiancature sovrastanti il colore, richiesero un mio parere.

Mi recai dunque a vedere questa cappella. Al suo interno rilevai, sotto quattro strati, rifacimenti pittorici del colore. I proprietari mi domandarono di indagare per capire di cosa si trattasse. Cominciai con l’eliminare meccanicamente gli strati delle decorazioni settecentesche; veniva fuori un colore monocromo con architetture e apparvero figure stilisticamente interessanti. Quando ebbi finito di togliere le imbiancature che ricoprivano il tutto, si presentò una pittura nell’insieme decisamente rilevante.

Da poco mi ero trasferito a Urbino da Firenze, dove avevo lavorato per sei anni come apprendista restauratore negli studi di Rosi-Tintori-Del Serra. Nei laboratori di Firenze il poeta e studioso Alessandro Parrochi interveniva spesso a seguire i lavori di restauro. Nel 1969 insegnava storia dell’arte presso la Libera Università di Urbino e ovviamente ci vedevamo spesso. Gli parlai di questa cappellina in zona Pallino, così molto incuriosito si recò a visitarla rimanendo entusiasta della pittura. In seguito, tornò più volte alla cappellina e un giorno mi disse che, a suo parere, il tutto era stato dipinto da Raffaello giovane.

I proprietari decisero comunque di staccare gli affreschi, ma vista la situazione dei dipinti che risultavano tecnicamente non affreschi bensì “affresconi”, lo stacco si prospettava complesso e delicato. Telefonai così al prof. Leonetto Tintori a Quercianella, in provincia di Livorno, dove soggiornava nel periodo estivo; sia io che lui eravamo da poco rientrati dal Sudan dove eravamo stati impegnati nei lavori di distacco di affreschi copti (a.d. 900-1000) che presentavano problemi tecnici tutto sommato affini a quelli di Ca’ Giardino. Andai anche a trovarlo, gli spiegai la situazione della cappellina di Pallino e lui mi prospettò le soluzioni per procedere allo stacco.

Nella pittura quasi monocroma c’era un disegno inciso nell’arriccio, così nelle figure come nell’architettura dipinta; decidemmo di proseguire nel lavoro senza seguire il criterio delle “giornate di procedura”. Ma a questo punto, prima dunque che staccassimo i dipinti, il prof. Parronchi consigliò di disegnare, ricalcandole, tutte le pitture su fogli di carta per poi fotografarle. Il che fu fatto mettendo la carta in perfetta trasparenza e disegnando le incisioni dei dipinti. Nondimeno, essendo la cupola della cappellina sferica, le difficoltà per lo stacco apparvero subito complesse.

Per ciò che riguardava la parte del dipinto collocata al di sotto della scritta, sotto l’aspetto tecnico non incontrammo difficoltà quanto alle figure dipinte, visto che il tondo diventava ovviamente piatto nell’operazione dello stacco. Vennero comunque eseguiti i tagli degli affreschi sempre considerando gli spazi architettonici in cui erano state fatte rientrare le figure: i tagli in questo caso risultarono cinque, mentre ammontarono a quattro nella zona in cui era presente la scritta. Per lo stacco della sfera della cupola ci fu infine un taglio in cinque pezzi, tutti – dopo che furono staccati – rigorosamente collocati su uno stampo di misura a sostegno sferico. La parte centrale della zona tonda in cui compariva la figura dello Spirito santo in forma d’agnello venne considerata a sé, essendo sferica, comunque sempre sostenuta da uno stampo di forma che agevolava il lavoro. In totale i tagli furono diciotto.

Va ricordato che anticamente, quando si procedeva a eseguire un affresco, si applicava un primo arriccio, ovvero un intonaco ruvido formato per una parte da calce (grassello) e per tre da sabbia inerte. Sopra questo strato il pittore dipingeva con rosso sinopia le misure del dipinto per avere una proporzione dell’insieme sia nelle figure che nelle architetture. Oltre al rosso sinopia ci potevano essere anche tracce di carbone. Così ci si poteva rendere conto di come in concreto risultassero le scene dipinte. Sopra l’arriccio della sinopia si procedeva poi con un ulteriore arriccio sempre con calce e con sabbia più fine. Applicato l’arriccio il pittore dipingeva affidandosi ai colori ottenuti con “terre” (salvo gli azzurri intensi che fino al 1400 venivano applicati a tempera dato l’impiego del lapislazzulo). Il colore applicato sciolto in acqua di calce subiva appunto la cristallizzazione dalla calce dell’arriccio. La parte che l’artista non riusciva a dipingere in giornata veniva eseguita il giorno successivo, demolita e rimessa ancora nuova e fresca.

Ma per l’affresco di Pallino la tecnica adottata fu diversa. Applicato l’arriccio fine in tutta la cappella, il pittore dovette incidere con un chiodo appuntito l’intero disegno preparatorio sia nella parte architettonica sia in quella figurativa. Così le figure, invece di essere dipinte con un pennello, si ritrovarono incise e, in tal modo trattate, risultarono un disegno perfetto. Di lì si continuò con la stesura del colore. Ovviamente il pittore e gli aiuti esecutori continuavano a bagnare con acqua l’arriccio, con il risultato che la calce non riuscì a cristallizzare al meglio il colore di terra. Per questa ragione, il mezzo affresco veniva denominato in quel di Firenze “affrescone”.

In ogni caso, prima di staccare i dipinti giudicai opportuno procedere alla costruzione di un legno della cappella con telaio (massello tondo in strisce sagomate), applicando della masonite temperata per costruire la parete piana su cui dovevano essere applicati gli affreschi staccati. I dipinti furono in seguito tagliati per il distacco nella parte delle zone architettoniche non determinanti dal punto di vista stilistico. Una volta applicati gli affreschi sulla costruzione della cappellina rifatta in legno e masonite (telaio), si procedette con le stuccature nelle screpolature e nelle lesioni. Il tutto con un leggero restauro pittorico e con neutri funzionanti a intonaco nelle vaste zone mancanti.

Dimensioni:
altezza 4,74
diametro 3,81
Tipologia fisica: Fascicolo
Lingua: Italiano
Keywords: Urbino
Compare nelle collezioni:Castellani, Silvestro

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